Ristoranti tipici a Roma? Via col trend - Totalmarketing
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“Ristoranti tipici a Roma”, digito sui motori di ricerca per aiutare una mia amica “forestiera” (non abitante di Roma) a cercare luoghi dove possa godere del buon cibo tipico romano nei giorni di soggiorno nella Capitale. Risultato? Ho dovuto fare una specie di training autogeno dopo aver scrollato risultati su google, tik tok, reels.
Perché? Ho assistito a decine di video in cui, giuro, si parlava solo di Osteria da Fortunata e Tonnarello.
Ora, io abito alle porte di Roma e, credimi, non ho mai sentito parlare di queste realtà.
Mi sono chiesta cosa le rendesse così gettonate da mettere alla prova nervi e muscoli di centinaia di persone che arrivano e attendono, consapevoli, ore in fila per sedersi e gustare quello che, probabilmente, la trattoria dietro l’angolo – ma meno conosciuta – fa altrettanto bene.
I migliori ristoranti di Roma secondo chi?
Ecco, secondo chi? Continuo a chiedermelo mentre, incuriosita, parto dai castelli romani alla volta della capitale per una passeggiata del sabato pomeriggio.
Chiedo in giro, alle amiche più social, che hanno visto, trovato e provato la loro cucina e si, alla fine non si mangia male. Pare sia il giusto compromesso tra il turistico e il tipico. Io chiedo, tu chiedi, lei chiede ed il passaparola fa il suo lavoro, approda sui social dove tutto diventa “assolutamente da fare” e postare, presi da una FOMO che te dico levate, famme prenota’ subito.
Si sceglie un luogo perché effettivamente ne vale la pena ed è di qualità o solo perché il nostro bisogno di appartenenza ci deve collocare in un gruppo di “quelli che”?
L' inganno dello storytelling dietro "I migliori ristoranti di Roma"
“Il posto di cui nessuno parla”, “le origini risalenti ai primi anni del ‘900”, “le generazioni che si tramandano”, il “cibo di una volta, quello genuino”, insomma, alcuni luoghi ti intortano con lo storytelling. La narrazione crea il bisogno di sentirsi parte di quel racconto. Tu vuoi sentirti come in un film. Tra Mangia, Prega, Ama e Vacanze Romane.
Unpopular Opinion
Non chiamiamola autenticità, dietro c’è un disegno di marketing preciso, che attrae una determinata fetta di target che, sia turista o local, è quello che “va dove ti porta il trend”. Crede di mangiare qualcosa di tipico, in un locale caratteristico, mentre ti vendono i piatti, i bicchieri o altri gadget brandizzati, aprono filiali a Milano o all’estero e due signore di mezza età impastano in vetrina come se fossero fenomeni da baraccone con la gente che fa foto. Ma manco allo zoo.
E’ questa l’immagine della tipicità che Roma vuole dare di sé? Sicuro non quella dei Romani.
Passeggiando per le vie del centro trovo, anzi, non-ritrovo, vecchi negozi e attività che frequentavo e che ora hanno fatto spazio a grandi locali, bistrò, gelaterie, esclusivamente tourist-focused. Poche attività veramente tipiche sopravvivono e gli occhi di chi ci lavora sono sempre più vuoti e rassegnati.
Spirito di adattamento assente o ennesima tranvata del capitalismo?
I ristoranti che hanno fatto la storia
I ristoranti tipici a Roma, che possiamo considerare tali, sono più che locali, ma vere e proprie istituzioni. Nascono molto prima dei trend, quando, almeno in origine, il significato di “tipico” era sinonimo di verace.
Niente di costruito, papale-papale, diretto.
Parliamo di osterie le cui l’identità sono state plasmate dai personaggi che le hanno vissute o frequentate, non uno studio a tavolino.
Sora Lella, all’Isola Tiberina, ha una storia lunga 70 anni, dimostrabile. Interviste, video d’epoca, racconti dei personaggi che l’hanno frequentata e artisti che continuano a frequentarla in nome di un ricordo mantengono viva la fama.
Mai sentito parlare de La Parolaccia o Meo Patacca a Trastevere? Non sono trend, sono storie e luoghi cult che hanno attraversato decadi, raccontate nei film 40 anni fa.
Meo Pinelli, a Cinecittà, ospita dagli anni ‘50 tutto il cinema del mondo, eppure non è in trend.,
Ma quindi, dove vanno a mangiare i romani?
Nella bolgia dei ristoranti di Roma, tutti “migliori e tipici”, che sorgono nelle vie dove il turismo è più concentrato – Trastevere, Pantheon, Piazza Navona, Campo De’ Fiori – qualcosa, ovviamente, si salva.
Esistono luoghi dove puoi gustare un piatto buono, ad un prezzo ragionevole, in porzioni abbondanti, senza fretta. “Il tempo che se còce”. Dove non trovi cucina romana ingentilita, rivisitata per adattarsi ai palati di turisti (che il Signore ci liberi dalla Carbocrema. Amen).
Dove siedi comodo e vale ancora il “più semo e mejo stamo” si, ma mica tutti appiccicati!
La veracità de na vorta, esiste ancora “sotto i pini di Roma” ma più di tutti, lo sai dove la trovi?
Ai Castelli Romani, e un romano vero lo sa.
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© – 2023 Claudio Losciale
In un mondo in cui tutto è vetrina, una vetrina anche mal costruita ma che diventa genialità ed eccellenza solo perché, per motivi almeno a me oscuri, si trova ad essere il faro di un determinato argomento, come non concordare con te?
Assolutamente vero. Ormai tutto è preconfezionato e venduto come “esperienza imperdibile”, quando di imperdibile e di esperienza non ha nulla. Tanto vale prenotare, farsi la foto con la carbonara, pagare e andare via.
Molto interessante, grazie per tutte le Ie info. Un bel profilo studiato molto bene. Grazie Flavia