L'inclusività nel marketing dello sport: una sfida per tutti i brand

Lo sport è inclusivo? La risposta semplice è no. La risposta più articolata è: non ancora, ma ci sta provando. La società sta cambiando in termini di inclusività e attenzione verso tutte le sfumature dell’essere umano, e anche il mondo dello sport sta iniziando a riflettere su questi temi attraverso iniziative di sensibilizzazione e campagne di comunicazione e marketing. Giugno, oltre ad essere il mese del pride, è anche l’incipit di un’estate ricca di grandi eventi sportivi su cui si accenderanno anche i riflettori dell’inclusività. Tra i più attesi sicuramente gli Europei 2024 in Germania dove, però, la Uefa sembra non aver studiato niente di particolare su questo tema, se non una guida per un tifo responsabile e rispettoso di tutti.

Non è uno sport da femminucce, o forse sì...

È interessante notare come la percezione e l’attribuzione di un determinato sport al sesso maschile o femminile possano variare da paese a paese. Un esempio lampante è proprio il calcio, considerato uno sport maschile in Europa, mentre negli Stati Uniti ha successo soprattutto tra la popolazione femminile. La nazionale femminile statunitense è, infatti, una delle più blasonate e ha prodotto atlete di spicco come Megan Rapinoe, che si sono spesso esposte in prima persona per i diritti civili.

Il marketing inclusivo nel calcio

Restando nel calcio, possiamo vedere due campagne di marketing italiane legate all’inclusività. La prima è #MoreColorfulTogether della Juventus, lanciata a San Valentino 2023, che ha invitato i tifosi a vivere l’amore non solo in bianco e nero, ma in tutte le sfumature. La campagna ha coinvolto atleti come Locatelli, Boattin e Linda Sembrant.

La seconda iniziativa viene dalla Lega Nazionale Dilettanti (LND), che ha collaborato con Arcigay e Gaynet per accendere i riflettori sull’omofobia nel calcio delle categorie minori. Il claim della campagna, “Immagina di giocare mostrando solo una metà di te”, è accompagnato dall’hashtag #StopOmofobia.

Ma non ci sono solo iniziative recenti. Nel massimo campionato inglese, in Premier League, da più di 10 anni in determinati weekend calcistici le grafiche, i loghi, le bandierine e, ovviamente, i lacci degli scarpini dei giocatori si colorano dei sette colori dell’arcobaleno per sensibilizzare e in sostegno della comunità LGBT+. Un’iniziativa in collaborazione con Stonewall, che da sempre promuove la cultura e la corretta informazioni sui temi LGBT+

 

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La F1 e il rainbow washing

Anche altri sport hanno lanciato iniziative simili, come la Formula 1. Nel 2020, il campionato ha lanciato la campagna “We Race as One”, mirata a sensibilizzare il pubblico sull’inclusività, con l’hashtag e il visual arcobaleno presenti sulle vetture. Tuttavia, non sono mancate le proteste. Molti tifosi hanno giudicato incoerente il comportamento di Liberty Media e della F1, che da un lato promuovevano l’inclusività, ma dall’altro stringevano accordi con stati come Arabia Saudita, Russia, Qatar ed Emirati Arabi, dove i diritti civili sono ancora un miraggio. Anche i piloti Hamilton e Vettel hanno mostrato il loro dissenso indossando caschi arcobaleno rispettivamente ai Gran Premi di Jedda e Budapest.

Colin Kaepenick racconta l’inclusività per Nike

Non si può parlare di sport e marketing senza citare Nike, un’azienda che da anni produce le migliori campagne commerciali sul mercato. Nike è sempre stata vicina alle tematiche sociali relative all’inclusività. Una campagna particolarmente significativa è quella di cinque anni fa con protagonista Colin Kaepernick, un atleta della NFL tra i primi a inginocchiarsi durante l’inno americano. Nello spot, Kaepernick invita gli atleti di tutto il mondo a sognare in grande e a superare i giudizi e i pregiudizi, prendendo come esempio storie di successo come quelle di Alphonso Davies, Serena Williams, LeBron James e se stesso, con il messaggio “Credi in qualcosa, anche se significa sacrificare tutto”.

Qual è la campagna di marketing legata all’inclusività nello sport che ti ha colpito di più?

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